|
|
|
Le Dahlak sembrano zattere appena emergenti dalle onde.
Le spiagge sono bianchissime perché costituite esclusivamente dalla distruzione del calcare delle barriere coralline. Ampi tratti della loro costa sono costituiti da basse falesie scavate alla base a formare spioventi di preoccupante stabilità.
Alla base della loro origine c’è l’erosione causata dal moto ondoso, accoppiato al pascolamento di molluschi gasteropodi che grattano la roccia alla ricerca delle alghe di cui si nutrono.
La presenza di queste strutture, in alcuni punti molto al di sopra del livello del mare o a 10-20 m di profondità,
|
|
|
|
è una prova della continua emersione delle isole e dei cambiamenti di livello del mare. Nelle baie più riparate crescono le mangrovie, alberi tropicali appartenenti a varie famiglie accomunate dalla capacità di crescere nell’acqua marina, anche se in zone almeno parzialmente riparate dal moto ondoso. I germogli infatti riescono ad insediarsi solo in acque calme. È un ambiente ecologicamente molto importante perché costituisce un’oasi di alta produttività in un ambiente costiero per il resto desertico. Infatti le foglie e i rami morti arricchiscono il suolo e il mare di materiale organico che è alla base di una catena alimentare che comprende |
|
|
|
|
|
|
|
anche pesci di grande importanza economica. Il legno delle mangrovie è inoltre l’unico facilmente disponibile in un ambiente costiero quasi desertico e un progetto già iniziato sulla costa si propone di ripopolare alcune zone che erano state troppo sfruttate in passato. L’interno delle isole è dominato dal monsone di nord-est che risale d’inverno lungo il Mar Rosso, portando pioggia a tutta la metà meridionale. Sono meno di 200 mm all’anno, ma tanto basta per rinverdire le isole. Le Dahlak rientrano in quella che i fitogeografi chiamano “arbusteto e prateria arida etiopica”, ma non vi sono mai state ricerche botaniche approfondite e le più autorevoli risalgono
|
|
|
|
ancora a quelle fatte alla fine dell’ottocento da Achille Terracciano, dell’Università di Sassari, che visitò una decina di isole e vi raccolse più di cento specie.
Anche la fauna è stata poco studiata e se non ci si sorprende per la presenza di una decina di specie di rettili, diverso è il caso per tre specie di anfibi.
Infatti non possono sopravvivere nell’acqua marina e devono essere giunti in zona quando, durante l’ultima glaciazione, la piattaforma rocciosa che comprende le Dahlak era collegata alla terraferma per l’abbassamento del livello del mare. Poche le specie di mammiferi: ratti neri, gatti e gazzelle, un paio di specie di pipistrelli, |
|
|
|
|
|
topi e toporagni ancora da identificare e in apparenza nient’altro. Tutto ciò che forse un tempo abitava le isole si è probabilmente estinto per il progressivo inaridimento e per l’azione diretta dell’uomo contro quelle specie che potevano essere un pericolo per sé e per le sue greggi.
|
|
Dahlak L'ORIGINE DELLE ISOLE |
|
|
Le più di 200 Dahlak sono vere figlie del Mar Rosso. Infatti a differenza di tante isole che sono frammenti di continente o resti di vulcani, le Dahlak si sono formate da barriere coralline emerse a causa dei movimenti che riguardano la separazione della zolla arabica da quella africana. Tale separazione raggiunse uno sviluppo simile a quello attuale durante l’Oligocene (38-24 milioni di anni fa) formando un mare che era allora collegato a nord con il Mediterraneo e non a sud con l’Oceano Indiano. Alla fine del Miocene, tra i 5,7 e i 5 milioni di anni fa, il movimento verso nord dell’Africa quasi chiuse lo stretto di Gibilterra, rallentando lo scambio di acque con
|
|
|
|
l’Oceano Atlantico. Molta più acqua evaporava allora di quella che entrava come una cascata dallo stretto di Gibilterra, il livello del mare si abbassò e la salinità aumentò.
Sul fondo si depositarono allora enormi strati di sali che sotto le Dahlak raggiungono uno spessore di anche più di 3 chilometri. Successivamente si chiuse il collegamento tra il Mar Rosso e il Mediterraneo e si aprì a sud una comunicazione con l’Oceano Indiano.
Pian piano l’erosione delle coste ricoprì i depositi salini con uno strato di argille, sabbie e ghiaie. I complessi movimenti della litosfera collegati alla separazione tra |
|
|
|
|
|
|
|
l’Africa e la penisola arabica portarono ad un graduale sollevamento della piattaforma che comprende le Dahlak e, quando il fondale marino non fu più profondo di 50 metri, iniziò la formazione delle spesse barriere coralline che costituiscono ora le rocce delle Dahlak.
Il processo di accrescimento dei coralli ebbe luogo soprattutto nell’ultimo periodo interglaciale, tra i 200.000 e i 120.000 anni fa,. e un po’ intorno agli 80.000 anni orsono, ma si interruppe quando, in contemporanea con l’ultima glaciazione (10.000 anni fa), l’acqua si raffreddò e il livello del mare calò esponendo all’aria le barriere coralline.
|
|
|
|
Con lo scioglimento dei ghiacciai il livello del Mar Rosso riprese a salire, ma raggiunse il livello attuale solo 5000 anni fa dando alle Dahlak l’aspetto che conosciamo.
I coralli che si ammirano oggi alle Dahlak sono perciò di origine recentissima.
La vera e propria formazione delle isole dipese però da movimenti tettonici locali, ancora in atto, causati dalle masse di sale sottostanti rocce sedimentarie più pesanti. Quando infatti si formava una faglia, una frattura negli strati rocciosi, le rocce pesanti sovrastanti gli strati salini potevano inclinarsi formando zone più elevate, le isole, e zone di mare più profondo. |
|
|
|
|